Last updated on Febbraio 18th, 2021 at 08:30 am
Un ospedale decide di sospendere le cure che tengono in vita una bambina con una rara patologia cardiaca. La mamma si oppone con tutte le forze che ha. La Corte Suprema del Texas ascolta il grido della madre e impedisce all’ospedale di staccare i supporti vitali alla piccola. Ma la battaglia non è finita, e la giovanissima vita è ancora una volta aggrappata alla decisione di un altro giudice. Dopo Terri Schiavo (1963-2005), che vogliamo ricordare come Terri Schindler, dopo Charlie Gard (2016-2017), dopo Alfie Evans (2016-2018), dopo Vincent Lambert (1976-2019), oggi la vita sospesa è quella di Tinslee Lewis, quasi due anni di età. Non si conoscono tutti i dettagli della malattia che affligge la piccola Tinslee, ma sembra che sia nata con una forma grave dell’anomalia cardiaca di Ebstein, forse non riconosciuta e curata correttamente.
Una vita che resiste
Tinslee non è mai uscita dall’ospedale dove è venuta alla luce e ha già subito più di un’operazione a cuore aperto. Attualmente è allettata, sedata e legata a un ventilatore che la aiuta a respirare. Come si vede dalle immagini rilanciate sul web (trattandosi di un minore, “iFamNews” preferisce invece non pubblicare né immagini né video) la bambina sorride alla mamma, ama essere coccolata, reagisce agli stimoli e combatte: i medici le avevano dato cinque mesi di vita, ne sono già passati dodici. I medici dell’ospedale, il Cook Children’s Medical Center, l’hanno del resto definita «una malata terminale»: l’indice presunto di qualità della sua vita è troppo basso e pertanto si è deciso di staccarle il ventilatore per sopprimerla. La madre, inorridita, si è messa di traverso, facendo immediatamente ricorso e trovando il supporto di «Texas Right to Life», grazie a cui è riuscita a interpellare la Corte d’Appello del Texas che ha bloccato la sospensione dei trattamenti vitali, e la Corte Suprema federale di Washington, che ha dato ancora una volta ragione alla madre: la bambina deve continuare a ricevere le cure.
La «legge dei dieci giorni»
Ma non c’è ancora pace per mamma-coraggio Trinity Lewis: il caso di Tinslee ha infatti acceso i riflettori su una legge che vige in Texas dal 1999, ma che è quasi del tutto sconosciuta ai cittadini: la cosiddetta «legge dei dieci giorni». Quando i medici di un ospedale decidono che la qualità della vita di un paziente è troppo bassa, e non vedono speranze di guarigione, comunicano la decisione al malato e ai parenti, dopo di che, passati dieci giorni, sospendono ogni trattamento vitale. È un ticchettio di morte che insegue paziente e famigliari, che hanno tempo limitatissimo per ottenere il trasferimento in altra struttura che scelga di continuare le cure. E troppe volte, per ragioni economiche, burocratiche e logistiche, non fanno in tempo. La morte arriva così, per mano dei medici, sotto gli occhi impotenti dei parenti, anche se il paziente vuole vivere e lo chiede con tutte le proprie forze, allo scoccare del decimo giorno.
La voce dell’Italia
Grazie ai ricorsi presentati dalla madre e a «Texas Right to Life» si è potuto comunque guadagnare tempo. La Corte Suprema del Texas ha rigettato la richiesta dell’ospedale di poter sospendere il supporto vitale alla piccola Tinslee. Dunque, per ora, la bambina deve continuare a ricevere assistenza. Il caso però deve essere affrontato ora dal Tribunale distrettuale, che vuole analizzare che i diritti della bambina siano rispettati e che la regola dei 10 giorni del Texas non sia incostituzionale. Dunque, un equilibrio estremamente precario, per questo la famiglia della piccola Tinslee cerca imperterrita di smuovere l’opinione pubblica affinché protegga la piccola, anche se da lontano. Difendere il diritto alle cure della piccola Tinslee significa difendere il diritto alla vita di tanti pazienti che rischiano di essere scartati perché secondo alcuni medici la loro qualità della vita è troppo bassa. L’Italia è stata faro di civiltà nelle vicende Schindler, Gard, Evans e Lambert: non può tacere adesso.