Crisi demografica, crisi dell’Occidente

Una tavola rotonda online ne descrive le origini, le caratteristiche e gli sviluppi

Espressione felice, coniata dal padre gesuita belga Michel Schooyans, per definire una realtà cupa, l’«inverno demografico» gela l’Italia e non solo in un immobilismo che sgomenta e preoccupa chi lo consideri con serietà e libertà rispetto ai pregiudizi neo-malthusiani diffusi e comuni.

È stato questo l’argomento di una tavola rotonda online che si è tenuta domenica sera sul canale YouTube di Cultura in pillole, una rassegna di brevi video partita poco più di un anno fa in cui un gruppo di professionisti, esperti ognuno nel proprio ambito, propongono riflessioni a proposito di teologia, storia, economia, bioetica, antropologia, filosofia, attualità.

Moderati da Dino Furgione, missionario ed ex manager, domenica si sono incontrati in video Rachele Sagramoso, Angelo Bottone, Maurizio Milano e Nicola Speranza, per trattare l’argomento della denatalità grave cui siamo assistendo ciascuno dalla propria specifica prospettiva, tutti accomunati però da quello che Milano ha definito correttamente un punto di vista «squisitamente laico».

Proprio Milano, analista finanziario, ha dato il via alla discussione sottolineando come tanto lo sviluppo sostenibile nella prospettiva di Agenda 2030 quanto i famigerati «diritti sessuali e riproduttivi», l’altro nome della contraccezione e dell’aborto, siano permeati da una visione ostile alla famiglia e alla vita che non può che dare luogo a una «società distopica di figli unici», in cui il problema demografico è sì al centro della discussione, ma in direzione del tutto contraria a quello che il pensiero mainstream vuole far credere. Nell’Occidente benestante e sazio non si è in troppi, bensì si è troppo pochi, e le cifre precipitano vertiginosamente, caricando sulle spalle di lavoratori sempre meno numerosi un fardello di spese sempre più pesante, con una preoccupante contrazione della classe media.

Se ne sono accorti persino in Cina, come «iFamNews» ha più volte raccontato, se il governo di regime neo-post-maoista-comunista cerca di correre ai ripari dei danni di una popolazione che non cresce più rivedendo da alcuni anni la politica del figlio unico che nel passato ha generato milioni di aborti e sterilizzazioni forzate. Lo fa da par suo, in modo dispotico e violento, infilandosi nelle famiglie e sotto le lenzuola, penalizzando e perseguitando come sempre le minoranze etniche e religiose. Però si è reso conto dello sfacelo provocato dalla penuria di nascite.

L’Occidente ancora no, e anzi considera i bambini uno sfregio egoista al Pianeta. Lo conferma Angelo Bottone, docente e ricercatore nello Iona Institute di Dublino, citando i dati forniti dall’Ufficio nazionale di Statistica del Regno Unito che, se prima prevedeva per il 2043 il saldo in negativo fra i nuovi nati e i decessi, ora lo ha anticipato al 2025. Bottone sottolinea inoltre come in Irlanda, negli ultimi 25 anni, la mentalità così detta pro-choice, improntata all’autodeterminazione, abbia fatto una corsa a rotta di collo verso il baratro. Il percorso legislativo dell’aborto e del divorzio, sempre più relativista e possibilista, ha portato a un crollo del tasso di natalità da 14 nel 2000 a 9,2 del 2021. Era 23, nel 1975. I motivi, o meglio i macro-fattori che possono aver dato luogo a tale caduta a precipizio, secondo Bottone? La rapida crescita economica della cosiddetta Tigre celtica, fra il 1994 e il 2007, e insieme la crisi della Chiesa Cattolica irlandese.

Resta comunque un fatto incontrovertibile: i figli non sono più considerati una ricchezza, bensì un costo e un peso, e l’equilibrio fra le generazioni è in frantumi. In questa che è possibile definire una crisi di civiltà, allora, non stupisce che la deriva eutanasica, in Irlanda, come in Italia, come altrove, prenda piede sempre più. Gli anziani diventano un problema, la popolazione di lavoratori attivi diminuisce, è sempre più semplice che passi il messaggio per cui sarebbe più dignitoso e pietoso sopprimere i vecchi.

Gli fa eco, dal proprio peculiare punto di vista, Rachele Sagramoso, ostetrica e mamma di sette figli. Come ha fatto spesso dalle colonne virtuali di «iFamNews», la Sagramoso ha sottolineato come in Italia viga ormai da tempo una «cultura anti-bambino» che porta le donne a posticipare sempre più la prima, spesso unica, gravidanza, a ricorrere con disinvoltura estrema alla contraccezione, a considerare l’aborto una opzione come un’altra. Salvo poi rivolgersi alla procreazione medicalmente assistita quando con l’età la fertilità rischia di diminuire drasticamente. Si chiede allora, da ostetrica e da madre, «se alle donne interessi diventare madri», non volendo credere all’effettiva ineluttabilità dell’aspetto economico. Se così fosse, infatti, le donne più abbienti metterebbero al mondo più figli, cosa che invece non accade. «Fare la madre è faticoso», per donne sempre più spesso sole, senza il supporto anche emotivo della famiglia d’origine, condotte per mano persino dalle ostetriche a considerare la gravidanza, se non una malattia, almeno un disturbo.

È Nicola Speranza, segretario generale della Federation of Catholic Family Associations in Europe (FAFCE) con sede a Bruxelles, a sottolineare quanta importanza rivestano Stati e governi per contrastare il calo demografico in atto. Lo fa evidenziando come le politiche di sostegno alle famiglie, che riconoscono alle famiglie medesime un ruolo sociale, che spostano ciò che ostacola le coppie, funzionano. Funzionano, però, a lungo termine in positivo, ma velocemente in negativo. Porta gli esempi virtuosi, Speranza, della Polonia e dell’Ungheria, dove il trend demografico negativo è stato addirittura invertito da una politica integrale e completa, basata sul principio di sussidiarietà e su una vera e propria cultura della famiglia. Perché è la famiglia, in realtà, che sostiene il Paese, non viceversa.

I partecipanti alla serata si sono trovati d’accordo nell’affermare che è la crisi demografica a determinare quella economica, contrariamente a quanto di solito si vorrebbe far credere. È sconfortante però, chiosa Milano con una battuta amara, che «a parlare di inverno demografico ci siano solamente, con tutto il rispetto, Blangiardo e il Papa».

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