Coronavirus, l’Ohio ferma l’aborto. Perché l’Italia no?

Leggi analoghe producono interpretazioni diverse. Un assurdo logico. Mortale

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Così ha deciso il procuratore generale (ovvero il ministro della Giustizia) dello Stato nordamericano, Jonathan Fulkerson, dando effetto a un’ordinanza del direttore del Dipartimento della Salute appunto dell’Ohio, Amy Acton, ordinanza in base alla quale, a partire dal 18 marzo, tutti i servizi medici e le procedure chirurgiche non essenziali debbono essere sospese. La decisione si confà a quanto stabilito dalla Casa Bianca e mira a risparmiare energie per concentrarle sul terribile virus di origine asiatica.

In Italia, invece, come “iFamNews” ha documentato, accade il contrario. L’aborto non si ferma. Non si ferma perché viene definito una prestazione medica urgente. Da chi? Dalla stessa legge 194 che lo ha istituito nel 1978. La logica è questa: dato che in Italia l’aborto si può praticare soltanto entro 90 giorni dal concepimento del bambino, l’aborto è cosa urgente.

Ora, anche in Ohio l’aborto è possibile fino a un dato termine, la 20esima settimana di gestazione, ma nessuno si immagina di definirlo un’operazione di prima necessità. Può essere tranquillamente rimandato.

Perché allora la legge che permette l’aborto in Ohio consente oggi di rimandare l’aborto mentre la legge che permette l’aborto in Italia spinge per un’accelerazione?

È un’assurda relatività della percezione del tempo e del concetto di urgenza. E mortale, oltre che assurda.

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