Un amico saggio mi ha appena dato un consiglio che non seguirò. Mi ha detto di non insistere sulle questioni di principio in un momento in cui tutti hanno a cuore solo questioni di fatto. Si perde già sempre in momenti “normali”, cosa volete che si spunti ora, in una situazione di emergenza? L’amico ha ragione: è saggio proprio per questo. Mi permetto dunque di ignorarne il consiglio, non certo in spregio alla sua saggezza, bensì solo perché, essendomi ripromesso di affrontare le questioni di fatto non appena la raccolta dei dati necessari alla valutazione lo permetteranno, posso adesso indugiare ancora sulla questione di principio. Sono infatti convinto anch’io che su questo piano si perda sempre, ma almeno provo a non perdere lo faccia.
Il governo italiano sta stanziando un contributo di 40 milioni per le scuole primarie e secondarie paritarie «a titolo di sostegno economico in relazione alla riduzione o al mancato versamento delle rette o delle compartecipazioni comunque denominate, da parte dei fruitori fino ai sedici anni di età, determinato dalla sospensione dei servizi in presenza a seguito delle misure adottate per contrastare la diffusione del Covid-19».
Sono tanti, sono pochi? Per saperlo bisognerebbe comparare questa somma con quella che lo Stato ha erogato alla scuola pubblica statale per affrontare la medesima emergenza. Ma non è questo il punto che qui interessa. Il punto centrale è che l’unico principio non negoziabile non può essere il denaro.
Mi spiego. È ovvio che in questo preciso momento storico l’obiettivo unico da ottenere è che a settembre un numero esagerato di scuole pubbliche non statali (e comunque anche solo una sarebbe sempre troppo) non chiudano i battenti. Stante questo obiettivo, lo stanziamento del governo può allora essere accettato, ma solo sub condicione: a patto, cioè, che avvenga nell’ottica del principio di sussidiarietà, ovvero come un sostegno straordinario in una contingenza che impedisce di fare da sé. E il concetto di “straordinario” dovrebbe essere sia esplicito nella misura decisa dal governo sia scolpito nella mente di chi oggi accetterà quel denaro o, addirittura, plaudirà alla decisione. Una misura non ideale, cioè, che viene accettata facendo di necessità virtù.
Non dovrà cioè ripetersi. Se infatti diventasse un precedente, sarebbe di una gravità irreparabile. Chi paga, infatti, compra.