Campus Biomedico nel mirino: attacco all’obiezione di coscienza

Il magistrato: «È totalitarismo». Il medico cattolico: «Vogliono snaturare il nostro rapporto con i pazienti»

Manifestazione contro l'obiezione di coscienza

Proprio nella settimana in cui si celebrava la Giornata nazionale per la Vita, nuove polemiche venivano agitate sull’obiezione di coscienza dei medici. Luogo da cui partiva l’ennesimo affondo è la Camera dei Deputati. È qui che l’Associazione Medici Italiani Contraccezione e Aborto (AMICA), con l’adesione dell’Associazione Luca Coscioni e dell’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (UAAR), lanciava un appello ai ministri della Salute e dell’Università e della Ricerca per revocare l’accreditamento alla scuola in ostetricia e ginecologia del Campus Biomedico, policlinico all’avanguardia nato nel 1993 su impulso del Beato Alvaro del Portillo, vescovo Prelato dell’Opus Dei. Il motivo? Gli autori della richiesta denunciano che agli specializzandi non viene assicurata «una formazione completa, che preveda, anche, l’interruzione volontaria di gravidanza e contraccezione». Bersaglio sono gli articoli 10 e 11 della Carta delle Finalità dell’Università Campus Biomedico, laddove aborto ed eutanasia sono definiti «crimini in base alla legge naturale». Per questo, secondo l’accusa, la preparazione fornita agli studenti del Campus Biomedico sarebbe «parziale ed incompleta, oltre a non tener conto del principio di laicità». L’appello è stato raccolto da un paio di deputati del M5s, Manuel Tuzi e Paola Deiana. Per quest’ultima il caso sollevato dimostra che «nella nostra società ci sono ancora troppi esempi che ci consegnano l’esistenza di residuali mentalità ottocentesche». Tuzi rileva inoltre che «l’obiezione di coscienza imposta agli studenti è in aperta violazione della legge 194».

Visione totalitaristica

L’opinione del deputato pentastellato – che è un medico – viene però stroncata da Giacomo Rocchi, magistrato, consigliere della Prima Sezione penale della Cassazione. «L’art. 15 della legge 194 – spiega a “IFamNews” – prevede che le Università possano spendere soldi pubblici anche per insegnare tecniche di interruzione di gravidanza al personale medico e agli universitari. Si tratta di una possibilità, non di un obbligo – prosegue Rocchi -. Dunque è sbagliato pensare che le università che non propongono tali corsi debbano essere private dell’accreditamento del Ministero». Il magistrato intravede in filigrana a questo ragionamento «una visione totalitaristica». Ma tale visione – prosegue – «è in contrasto proprio con l’art. 9 della legge 194, che riconosce pienamente, come diritto fondamentale dei medici, così come ha fatto anche la Corte costituzionale, l’obiezione di coscienza». Pertanto, i medici obiettori – aggiunge Rocchi – «hanno il diritto a non praticare aborti, nonché a non insegnare a praticarli». La polemica sollevata alla Camera, per il giurista, è «pretestuosa» e «ricorda una delle misure più tremende approvate in Spagna durante il governo Zapatero, ovvero l’obbligo nei confronti degli studenti universitari di medicina a partecipare a lezioni teoriche ed esercitazioni pratiche di interruzione di gravidanza». Secondo Rocchi è questo l’obiettivo verso cui tendono gli accusatori del Campus Biomedico; che «prima ancora di diventare medico, lo studente di medicina si debba essere sporcato le mani con gli aborti». Per il dott. Stefano Ojetti, vice-presidente nazionale dell’Associazione Medici Cattolici Italiani (AMCI), sentito da “IFamNews”, «è del tutto evidente che tale richiesta nasconda, di fatto, l’ennesimo tentativo ideologico di abolire l’obiezione di coscienza». Il medico cattolico tiene inoltre a precisare che «la problematica non è, come qualcuno vuol far credere, di pertinenza solamente confessionale, ma investe la professione medica nel suo DNA, in quanto il medico, per sua stessa definizione, è colui che cura le malattie e quindi dona salute, ed è questo l’elemento fondante del rapporto medico-paziente». Ojetti lancia infine un allarme: «Il tentativo da parte di alcune correnti di pensiero è quello di tentare di snaturare questo rapporto, facendo del medico non più un datore di salute bensì di morte».

La difesa del Campus Biomedico

Dal canto suo il Campus Biomedico si difende dalle accuse attraverso una nota nella quale precisa che la propria scuola di specializzazione «segue il percorso formativo e le attività professionalizzanti previsti dalle normative vigenti e assicura una formazione completa: per questo viene scelta liberamente dagli specializzandi (pur con i suoi soli 2 posti, sui circa 300 di tutte le Scuole di Specializzazione italiane, risulta quarta nelle preferenze)». Il Campus Biomedico sottolinea, inoltre, che gli studenti «frequentano a rotazione una rete formativa costituita anche da importanti ospedali pubblici, con la possibilità di seguire tutte le attività lì svolte», comprese quelle relative ad aborto e contraccezione.

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