Nell’inquietante vicenda dei bambini mai nati ritrovati nell’area industriale di Granarolo, si accendono luci di speranza. Fare giustizia su un fatto così oscuro e sconfortante, sarà difficile. Se però non tutti i mali – nemmeno i più atroci – vengono per nuocere, il caso specifico ha sicuramente smosso delle coscienze. È una grande occasione, per quanto tragica, per riscoprire il valore di ogni vita, a partire dalla più piccola.
«Siamo disponibili ad occuparci del seppellimento dei bambini non nati i cui corpicini sono stati ritrovati nei giorni scorsi in bidoni abbandonati. Un atto che restituisce dignità e rispetto alle spoglie mortali di questi bimbi in qualsiasi età gestazionale ed epoca siano morti». Così dichiarano, in una nota congiunta, l’associazione «Comunità Papa Giovanni XXIII», il Movimento per la Vita di Bologna, FederVita Emilia Romagna e l’associazione «Medici Cattolici di Bologna».
Le quattro associazioni propongono alle aziende ospedaliere e ai centri di ricerca di trovare un accordo per permettere alle associazioni del terzo settore di dare una degna sepoltura ai corpicini abbandonati dei bimbi non nati. «Chiediamo che non vengano inceneriti, né buttati tra i rifiuti speciali, né usati come materiale di laboratorio e studio», conclude la nota.
A margine della vicenda, «iFamNews» ha raccolto il commento di Andrea Mazzi, animatore generale del servizio famiglia e vita dell’associazione «Comunità Papa Giovanni XXIII».
Dottor Mazzi, che riscontri ha avuto finora il vostro appello?
Abbiamo avuto finora un certo eco sui media, la questione è sempre più sentita. A livello istituzionale, invece, ancora nulla ma speriamo poter avere qualche riscontro nei prossimi giorni. Non ci sono ancora molti elementi chiari su come sia stato possibile un simile ritrovamento, quali siano le responsabilità, da dove provengano i resti di questi bambini. Il quadro che emergerà, credo condizionerà in qualche modo l’attenzione, in un senso o nell’altro.
Avete proposto il seppellimento dei piccoli resti umani ritrovati in dei barili industriali a Granarolo. La legge, quindi, lo consente?
Non sono ancora chiare le loro caratteristiche. Dalle dimensioni, sembrerebbero provenire da una fase non precoce della gravidanza, quindi, se superassero le venti settimane di vita prenatale, vi sarebbe l’obbligo del seppellimento, ai sensi del DPR 285/1990. Qualunque sia la loro datazione, comunque, sono resti mortali che vanno trattati tutti con la stessa attenzione. Quello che chiediamo è che si curi un po’ l’attenzione ai resti di questi bambini: non sappiamo quasi nulla di loro, per questo chiediamo le prime informazioni basilari e siamo disponibili a fare la nostra parte. Seppellire i morti rimane un’opera di misericordia e noi, come associazione ecclesiale, siamo disponibili a compierla.
Sul piano penale, potrebbero esservi delle responsabilità?
Dovrei verificarlo con i nostri legali. In ogni caso, sono convinto che questo caso non si chiuderà in tempi brevi. Ci saranno sicuramente degli sviluppi, sia per gli elementi nuovi che emergeranno, sia per le reazioni che susciteranno nell’opinione pubblica e nelle istituzioni.
Cosa ci insegna questa vicenda?
Da quello che abbiamo avuto modo di vedere, l’approccio a questi feti ci è sembrato “aziendalistico”. Sembrerebbe una questione di smaltimento di resti derivanti da un’azienda ospedaliera o da un’altra struttura. Quello che ci preme sottolineare, appunto, è che si tratta di resti di nostri fratelli molto piccoli. Vogliamo ricordare il valore e la preziosità di ognuno di loro. È importante che per loro ci sia lo stesso trattamento riservato a qualunque altro essere umano. Tra l’altro notiamo che c’è un’attenzione sempre crescente riguardo alla possibilità di seppellire i propri figli morti prima della nascita. Anche al numero verde della Comunità Papa Giovanni XXIII arrivano telefonate sempre più numerose di persone che vogliono farlo.
Che problematiche manifestano le coppie che hanno perso un figlio prima della nascita?
Come accennavo, dopo le venti settimane c’è l’obbligo di seppellimento. Prima delle venti settimane, il seppellimento si può fare a richiesta dei genitori ma la richiesta deve avvenire entro le ventiquattro ore dall’evento abortivo, il che crea numerosissime difficoltà. Un aborto spontaneo è un evento che, normalmente, coglie la coppia completamente impreparata. Sul piano emotivo sono travolti dal fatto, devono assorbire la botta, elaborare tutto quel che è successo quindi normalmente la richiesta di seppellimento del bimbo non è il primo dei loro pensieri. Ci sono comunque coppie che, anche a distanza di mesi, manifestano il rimpianto di non aver seppellito il loro bambino, di non avere un ricordo di lui, una tomba su cui portare fiori. Mi colpisce, comunque, anche un’altra cosa: ci sono donne che chiedono il seppellimento del bambino anche dopo un aborto volontario. L’ultima che mi ha chiamato, mi ha detto: «Non potevo continuare questa gravidanza, questo bimbo non lo potevo accogliere ma non sopporto l’idea che finisca tra i rifiuti speciali. Spero almeno gli si possa dare una sepoltura». Sono segnali che denotano un’attenzione al problema. Siamo anche grati allo scrupolo del giovane sinti che si è andato a premurare di aprire quei bidoni, quando poteva anche prendere e smaltire senza farsi troppe domande. A maggior ragione, credo proprio che i bambini meritino un trattamento migliore e più umano.