Last updated on Luglio 30th, 2020 at 03:58 am
Spesso le chiavi interpretative dei tempi attuali si celano tra le pagine di vecchi libri. In tanti conoscono 1984, capolavoro che George Orwell (1903-1950) scrisse nel secondo dopoguerra. È il romanzo ambientato in una società soggiogata da un regime totalitario, quello, per capirci, del Grande Fratello, della psicopolizia, della neolingua. Quest’ultima è una lingua artificiale concepita per stroncare il dissenso e per annullare ogni forma di pensiero non aderente ai diktat del “partito unico”.
La guerra al dizionario
Ebbene c’è qualche inquietante analogia tra lo scenario descritto da Orwell e quanto si sta consumando oggi, in un Occidente attraversato da un clima di frenesia eccitata. Mentre mandrie di giovani urlano e distruggono statue e monumenti si palesa una intellighenzia progressista intenta ad avallare il rigetto di identità di cui vergognarsi in nome di una solidarietà presunta. È così che gli anatemi di questi intellettuali si scagliano finanche verso i vocaboli. Alcune grandi aziende hanno deciso di modificare il nome di celebri marchi perché considerati politicamente troppo scorretti. Si è giunti al punto in cui una storica squadra di football americano, i Washington Redskins, si è trasformata in Washington Football Team. Nel cestino, oltre al nome vecchio di 87 anni, anche il simbolo: l’effige di un pellerossa ritenuta ‒ chissà perché ‒ offensiva nei confronti dei nativi americani.
«Il movimento “pro life” ci sta uccidendo»
Ora, sulla scia del celebre club sportivo si inserisce la proposta di un giornalista della rivista Rolling Stone, tale Jamil Smith. Attraverso un tweet, ha chiesto che l’espressione «pro life» venga bandita in quanto «razzista» e «misogina»: «L’appellativo “pro-life”, così spesso usato a servizio non solo della misoginia ma anche del razzismo, deve essere ritirato assieme ad Aunt Jemima», cioè il famoso marchio di prodotti alimentari che ha cambiato nome e logo perché rappresentavano una signora nera, «e al nome della squadra dei Redskins». Smith ha pubblicato il tweet in risposta a un reverendo che accusava governatori identificati come pro life di non affrontare nel giusto modo l’epidemia. «Il Covid-19 ha rivelato come il movimento “pro life” ci sta uccidendo», ha concluso il prete.
E gli aborti selettivi?
Alcuni organi d’informazione scrivono che Smith avrebbe eliminato il tweet a seguito di una raffica di commenti critici. Eppure pare essere ancora visibile: segno che il giornalista di Rolling Stone non si è pentito dell’uscita degna del romanzo di Orwell. Resta dell’avviso, evidentemente, che i razzisti e i misogini siano coloro che difendono la vita ancora nel grembo materno. Chissà cosa pensa, Smith, di quanti praticano l’aborto selettivo per evitare che nascano bambini con determinate sindromi o bambine di sesso femminile. Chissà se etichetterebbe anche costoro come «razzisti» e «misogini». Sappia, intanto, che chi compie certe pratiche ha un nemico pubblico: i pro-lifer.