Se non fosse che tutto l’oro del mondo non vale la vita di una persona, di un bambino, si potrebbe addirittura commentare che le tariffe sono vergognose. Una bambina di due mesi può costare, o “valere”, fra 60mila e 70mila rupie (circa 720-850 euro). Per un maschietto nato da tre giorni, alla fine della catena commerciale, c’è chi potrebbe spenderne 500mila (circa 6mila euro).
Sono queste le cifre di un mercato disumano, che vende appunto carne umana e che è stato portato alla luce della ribalta nello Stato indiano meridionale dell’Andhra Pradesh all’inizio del mese. A parlarne è il quotidiano The Indu, che riferisce della denuncia di alcuni funzionari locali che si occupano di protezione dell’infanzia e alza il velo sui traffici delle bande criminali che gestiscono quello che costituisce un vero e proprio racket.
Sono i genitori o i nonni, travolti dalla fame e dalla povertà, a rassegnarsi a vendere i propri figli o nipoti, pensando forse di riuscire così a mantenere il resto della famiglia. Il sistema ha messo in luce per ora casi di compravendita fra coppie indiane, ma evidentemente non si può escludere che, attraverso passaggi successivi, anche dall’estero giungano offerte per i bambini indiani trattati come oggetti.
Suor Manju Devarapalli, carmelitana, segretaria del National Dalit Christian Watch (NDCW) di Vijayawada, nell’Andhra Pradesh, giustamente e comprensibilmente si dice sconvolta per quanto sta accadendo. Ne parla con l’agenzia stampa Matters India e sottolinea come la soppressione dei centri di adozione e degli istituti per gli orfani gestiti dai cristiani, attuata attraverso la sospensione delle licenze e il taglio dei fondi provenienti dalle donazioni ricevute dall’estero, peggiori esponenzialmente la situazione delle famiglie povere e metta sempre più a rischio i bambini. Suor Devarapalli invoca quindi l’intervento del governo e delle agenzie internazionali.
Anche V. Gandhi Babu, già membro della Commissione statale dell’Andhra Pradesh per la protezione dei diritti dell’infanzia, ha fatto appello al governo affinché convochi con effetto immediato un comitato statale responsabile della prevenzione di tali crimini.