Australia: carcere per chi nega il CoViD-19?

In discussione nello Stato di Victoria un controverso disegno di legge. A Melbourne continua la repressione

Coppia distanziata e con mascherina chirurgica

Image from Wikivoyage

Last updated on Settembre 25th, 2020 at 01:39 am

Drappelli di manifestanti si riversano in un mercato. Sono braccati da poliziotti in tenuta antisommossa e a cavallo. I due schieramenti si scrutano a distanza ravvicinata. La tensione è alta. A un certo punto qualche dimostrante prova goffamente a spezzare l’assedio lanciando all’indirizzo degli agenti un’arancia presa da un banco. È l’episodio che scatena la reazione: la celere interviene con gli sfollagente e inizia a prelevare i più agitati. Dalla folla si alza il grido «Libertà! Libertà!» e spuntano manifesti che contestano le rigide restrizioni imposte dal governo. Non siamo a Hong Kong, ma in Australia, precisamente al Queen Victoria Market di Melbourne. L’insofferenza dei manifestanti non è rivolta verso il totalitarismo comunista, bensì all’indirizzo di una democrazia ritenuta auto-depotenziata in tempi di emergenza sanitaria.

La situazione in Australia

Le immagini fanno il giro del web dando la misura del clima sociale che si respira oggi in Australia, segnatamente nello Stato di Victoria. Qui è in atto ormai, dal 2 agosto, un pesante lockdown a seguito di un sensibile aumento dei contagi da CoViD-19. Fino all’11 ottobre sono vietati riunioni e assembramenti, consentita una sola uscita al giorno a nucleo familiare per comprare il cibo, coprifuoco dalle 20 alle 5. Eppure il numero totale di casi da inizio pandemia appare contenuto: 26.813 e poco più di 800 decessi, con mortalità del 3,12% (contro il 12,7%, a titolo d’esempio, dell’Italia). Sono tanti i cittadini che ritengono sproporzionate queste misure di privazioni delle libertà. A Melbourne, la capitale, si registrano da settimane presidi di protesta, cui le autorità rispondono in modo draconiano.

Del resto, alquanto duro è apparso ‒ a beneficio di telecamera ‒ l’intervento delle forze dell’ordine a casa di una madre incinta, di cui ci siamo occupati qualche settimana fa, sempre nello Stato di Victoria. La colpa della giovane donna, arrestata e poi rilasciata su cauzione, è quella di aver organizzato sui social una di queste manifestazioni di protesta. In gennaio dovrà comparire davanti al giudice per l’udienza. Altrettanto suggestivo il video dell’arresto di un giornalista che stava filmando la folla in protesta. Il controllo delle autorità è pervasivo, tanto che i dimostranti avrebbero utilizzato schede telefoniche criptate per comunicare. È difficile anche arrivare in Australia: ridotti drasticamente i posti disponibili sugli aerei diretti nel Paese, così molti australiani che vivono all’estero sono impossibilitati a rientrare. Questi “esuli” provano a farsi forza reciprocamente condividendo le loro storie sul sito removethecap.com.

Carcere per i “negazionisti”

Nonostante il calo dei contagi, la temperatura politico-sociale in Australia non accenna a diminuire. Il sito web del ministero della Salute dello Stato di Victoria ha annunciato nuove misure d’emergenza di sei mesi contenute nel progetto di legge CoVID-19 Omnibus. Previsti maggiori pattugliamenti di polizia in centri commerciali, eventi sportivi e presso i raduni pubblici, nonché la detenzione a tempo indefinito e il potere straordinario al segretario del Dipartimento della Salute di nominare tra i membri società civile degli «ufficiali autorizzati» con funzioni analoghe a quelle della polizia. Conferito il potere agli agenti di fermare persone considerate ad alto rischio di diffusione di CoVID-19 per negligenza. Quest’ultima norma, secondo quanto avrebbe riferito un portavoce del governo al giornale The Age, potrebbe essere applicata «ai teorici della cospirazione che rifiutano di isolarsi, a drogati o a persone con problemi mentali incapaci di mettersi in quarantena». Non siamo in una dittatura, ma in Australia.

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