Asilo obbligatorio, Capezzone: «I figli non sono dello Stato»

La proposta continua a suscitare polemiche. Il commentatore de «La Verità»: «Il governo eviti di aprire altri fronti»

Image ©Daniele Capezzone

Last updated on marzo 1st, 2020 at 09:25 am

Si estende la rete di quanti, anche nel mondo liberale, contestano la proposta del viceministro all’Istruzione, Anna Ascani, e quella di Liberi e Uguali (LEU) di rendere obbligatorio l’asilo per i bambini fino dai tre anni. Schierato contro uno scenario simile è anche Daniele Capezzone, commentatore del quotidiano La Verità. «Da liberale», spiega a “iFamNews”, «sono radicalmente contrario a questa proposta, per due ragioni. Perché sono contrario a forme di intervento obbligatorio nei confronti delle famiglie e delle persone; e perché, nel caso specifico, sembra configurarsi l’idea che i bimbi “appartengano” allo Stato e non alla famiglia, laddove è vero l’inverso, giacché i figli sono di sé stessi, del loro papà, della loro mamma, del nucleo familiare che va rispettato anche nella sua libertà educativa».

L’obbligo in questione ‒ che per un artificio lessicale della Ascani viene presentato come una «opportunità» ‒ potrebbe rappresentare un primo passo verso l’allargamento dell’obbligo all’asilo nido? Il presidente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, si è già detto favorevole a questa ipotesi. «Non so immaginarlo», risponde Capezzone. «Ma un’ipotesi del genere violerebbe quattro o cinque articoli della Costituzione. È un po’ curioso che chi dice di rispettare la Costituzione faccia proposte che mi sembrano radicalmente incostituzionali». Proposte che, tuttavia, restano accantonate. Almeno per ora che gli sforzi di governo e parlamento sono quasi totalmente profusi per far fronte all’emergenza coronavirus, obbligare i genitori a mandare i figli a scuola sin dai tre anni non sembra essere tra le priorità dell’esecutivo. «Credo che un sussulto di saggezza suggerisca a un governo poco saggio di evitare di aprire altri fronti e altri scontri», riflette Capezzone. Che conclude: «Una proposta già sbagliata in tempi normali, lo sarebbe ancora di più in un momento in cui la società italiana, per mille ragioni, non ha bisogno di altre lacerazioni e divisioni».

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