La straordinaria notizia della riabilitazione dei ginecologi britannici Dermot Kearney ed Eileen Reilly non sarebbe stata possibile senza il coinvolgimento del Christian Legal Centre. Per questo «iFamNews» ascolta direttamente Andrea Minichello Williams, fondatrice e amministratrice delegata del think tank di giuristi cristiani che si sta battendo per i diritti dei più indifesi tra gli indifesi: i bambini non nati. Nel Regno Unito la battaglia per la vita nascente incontra notevoli ostacoli, ma, come spiega l’avvocato Williams, la recente decisione del General Medical Council offre una chance di non poco conto ai medici pro-life.
Avvocato Williams, il dottor Kearney e la dottoressa Reilly possono ora riprendere il proprio trattamento di inversione della pillola abortiva. Una vittoria per il diritto alla vita?
È stata una vittoria per tutti coloro che credono nel diritto alla vita di ogni essere umano. È una vittoria per la vera libertà di scelta delle donne, per la loro libertà di non andare avanti con un aborto. Le donne britanniche che si pentono di aver assunto la prima pillola abortiva (Mifepristone), avranno ora accesso al trattamento di inversione dell’aborto, somministrato dai medici disposti ad aiutarle. Ciò significa che l’inversione della pillola abortiva è ora riconosciuta dall’autorità medica del Regno Unito come sicura e potenzialmente efficace. I medici dotati di esperienza e delle necessarie conoscenze, che sono disposti a praticare questo metodo, ora possono farlo senza dover temere accuse di cattiva condotta professionale. Saranno salvate le vite di molti bambini che, altrimenti, sarebbero morti a causa dell’aborto. Evitare un aborto previene gravi problemi di salute mentale, risultato della consapevolezza di aver contribuito alla morte dei propri figli per aborto. Questo risultato ottenuto nel Regno Unito avrà un effetto domino in tutto il mondo e sarà di incoraggiamento per i medici di altri Paesi.
Quali prove avrebbe portato in giudizio a vantaggio dei suoi clienti?
Le prove offerte dalle donne che hanno dato alla luce bambini sani dopo aver ricevuto il trattamento dal dottor Kearney parlano da sole. Questi sono bambini sono frutto di un miracolo, oggi non sarebbero vivi senza quel trattamento e le loro madri li adorano. All’Alta Corte, abbiamo fornito prove di esperti che hanno rivelato che l’abortion pill reversal (APR) è sicuro. Si aggiungono undici testimonianze di donne aiutate dal dottor Kearney. Sulla base di queste prove, il General Medical Council (GMC) ha stabilito che, contrariamente alle accuse, queste donne hanno ricevuto un’assistenza di alto livello. In definitiva, lo stesso GMC ha fornito prove di esperti indipendenti che hanno detto: «Ci sono state limitate prove randomizzate e controllate per suggerire che l’APR aumenta il rischio di emorragia ma, in realtà, è più probabile che ciò sia correlato ai rischi generici dell’aborto medico precoce (EMA) piuttosto che ai rischi specifici del trattamento con APR; ciò significa che le donne che non riescono a completare l’EMA sono a rischio molto più elevato di emorragia rispetto a quelle che lo fanno, indipendentemente dal fatto che sia o meno prescritto l’APR».
Perché trattamenti come quello del dottor Kearney sono così osteggiati?
Il mantra della lobby abortista «il mio corpo, la mia scelta» dovrebbe estendersi alle donne che cambiano idea sull’aborto. L’industria dell’aborto non vuole concedere questa scelta alle donne. I fornitori di aborto e le istituzioni mediche, che sono sposati ideologicamente all’aborto su richiesta, spesso controllano la narrativa dei media e i dati che il pubblico e il governo ricevono sulle complicazioni e sulla sicurezza. Questi fornitori sono ancorati all’idea che, una volta che hai preso la prima pillola, devi passare necessariamente per l’aborto e che non c’è modo di tornare indietro. Questo caso e varie prove indipendenti hanno semplicemente dimostrato che non è vero. I fornitori di aborto sostengono che l’APR è pericoloso e che dovrebbe essere vietato, ma non sono riusciti a fornire alcuna prova credibile a sostegno della loro posizione. Citano spesso uno studio del dottor Mitchell D. Creinin, che è stato accantonato per problemi di sicurezza, ma evitano di dire che sono stati osservati effetti collaterali negativi nel gruppo a cui è stato somministrato il placebo. Due delle tre donne dello studio che hanno sofferto di un’emorragia tale da richiedere cure di emergenza, hanno ricevuto il placebo dopo la somministrazione di mifepristone. Solo una aveva ricevuto progesterone. Una di queste tre, in particolare nel gruppo placebo, ha richiesto una trasfusione di sangue. Creinin, principale autore dello studio, critico esplicito dell’APR, ha dichiarato che l’aumento delle donne da sottoporre allo studio è stato interrotto prematuramente «per motivi di sicurezza dopo che la terza paziente ha richiesto una valutazione di emergenza e una trasfusione». Era stato destinato a coinvolgere quaranta donne in totale per uno studio completo. Citando questo studio, agli oppositori dell’APR hanno concluso che il progesterone somministrato in questo contesto rappresenta un serio pericolo per le donne. Tuttavia i risultati limitati di questo studio non supportano in alcun modo l’idea che l’APR sia pericoloso.
Oggi il “diritto” di abortire delle donne sembra indiscutibile. Pensa invece che, al contrario, il loro diritto di non abortire (o di cambiare idea se prendono la prima pillola abortiva) sia sufficientemente tutelato?
Storie come quella di Amrita sono determinanti in questo senso. L’anno scorso Amrita era un’imprenditrice in crisi, quando è rimasta incinta. Ha avuto difficoltà significative con gli ormoni nelle prime fasi della sua gravidanza. Non avendo una relazione stabile e trovandosi in difficoltà finanziarie, si è rivolta al British Pregnancy Advisory Service (BPAS). Le dissero che, se non avesse fatto nulla, per il bambino sarebbe andato tutto bene. Dopo aver fatto ulteriori ricerche, tuttavia, ha scoperto che molto probabilmente il bambino non se la sarebbe cavata e, alla fine, è stata messo in contatto con il dottor Kearney. Oggi ha una bellissima bambina e afferma: «Sono a favore della scelta, in quanto credo che le donne dovrebbero avere accesso all’aborto, ma dovrebbero anche avere la possibilità di invertire l’aborto se vogliono e se chiedono aiuto per farlo». Speriamo che questa storia stabilisca un precedente per donne come Amrita. È davvero triste pensare alle molte donne a cui è stato impedito di ricevere cure salvavita da quando è entrato in vigore questo divieto. A nessuna donna dovrebbe essere impedito di cambiare idea e di cercare di salvare la vita di suo figlio.
Quale sarà la prossima sfida per i medici britannici pro-life ora?
L’industria dell’aborto non dorme mai. La più grande sfida per i medici pro-life sarà il governo del Regno Unito che rende permanente il servizio Pills-by-Post e l’espansione delle linee guida estreme degli organismi sanitari di tutto il mondo. Si sta quindi sviluppando un problema globale, con tentativi incessanti di erodere la salvaguardia e la protezione per le donne e i nascituri, specialmente durante la pandemia. Durante la crisi ucraina, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha introdotto linee guida sull’aborto estremo che chiedono ai governi di abolire i limiti temporali legali per l’aborto. Le nuove linee guida sostengono che le leggi che impediscono l’aborto in qualsiasi momento durante la gravidanza rischiano di violare i diritti di «donne, ragazze o altre persone incinte». Queste linee guida riflettono la strategia a lungo termine dell’industria dell’aborto su richiesta in tutto il mondo. I governi dovrebbero leggere attentamente queste linee guida: sono fuorvianti perché non si tratta affatto di pianificazione familiare, ma di esportare l’aborto e l’ideologia che ne consegue. È un mondo alla rovescia: le migliori élite occidentali devono offrire alle donne vulnerabili nei paesi in via di sviluppo l’aborto mascherato da pianificazione familiare. L’escalation degli ultimi due anni creerà enormi sfide per i medici pro-life: noi siamo qui per sostenerli in ogni sfida che verrà.