Aborto, la riscossa del Guatemala contro Golia

Come Davide, il piccolo Stato centroamericano sfida la Planned Parenthood vietando l’apertura di filiali

Bambini che guardano un lago in Guatemala

Image by Zayda C from Pixabay

Last updated on Novembre 25th, 2020 at 02:52 pm

In Guatemala l’aborto non è legale a meno di effettivo pericolo di vita della madre. Non lo è per motivi economici o sociali, quindi, e non lo è né eugeneticamente in caso di malformazioni del feto né in alcun altro caso.

Planned Parenthood, la ben nota società statunitense che, a dispetto del nome, non pianifica affatto la genitorialità bensì il suo opposto esatto, cioè organizza, programma e promuove l’aborto, ha ricevuto da questo piccolo Paese dell’America centrale un ben assestato calcio negli stinchi, quando il presidente Alejandro Giammattei (del partito di orientamento liberista-conservatore Vamos) ha disconosciuto la decisione del ministro dell’Interno, Oliverio Garcìa Rodas (dal 2017 deputato indipendente), di acconsentire all’apertura di una sede di quel mattatoio umano in Guatemala.  Il ministro ha così immediatamente rassegnato le dimissioni, che sono state prontamente accettate.

Il tweet di Giammattei è eloquente e sottolinea tanto la posizione personale del presidente quanto la rispondenza della sua decisione alla Costituzione guatemalteca, che parimenti riconosce la vita umana sin dal concepimento.

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Già nel 2017 il Guatemala si era reso protagonista di un preciso attacco alla deriva abortista respingendo la nave di Women on Waves, associazione sedicente femminista che promuove a tutto spiano l’interruzione della gravidanza (in questi tempi di pandemia, magnificando vantaggi e virtù dei farmaci a base di misoprostolo, naturalmente, e fornendo istruzioni e indicazioni estremamente pragmatiche e precise per il loro utilizzo) e che organizza passaggi di navi in quei Paesi in cui l’aborto sia illegale, per imbarcare le donne incinte che desiderassero interrompere la gravidanza, condurle al largo in acque internazionali, e procedere poi chirurgicamente all’aborto.

Di nuovo, nel Paese, nel 2018 un disegno di legge che propugnava la legalizzazione dell’aborto in talune particolari circostanze non è giunto neppure alla discussione, osteggiato e rispedito al mittente (il partito di sinistra Convergencia) dalla pressione della maggioranza, apertamente schierata in direzione pro-life.

Le motivazioni in base alle quali il presidente Giammattei ha stabilito di non permettere al più grande “abortificio” esistente di stabilire una propria filiale in Guatemala sono straordinariamente semplici e di buon senso: l’aborto viola la Costituzione guatemalteca, l’aborto è contrario ai valori di protezione della vita, l’aborto infrange il giuramento di Ippocrate che impegna i medici a proteggere la vita e a non dare la morte.

Parrebbe elementare, eppure è necessario ribadirlo di continuo: si tratta, né più né meno, di omicidio.


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