Aborto farmacologico in UK, anzi ricreativo

La quarantena limita la contraccezione e alle “gravidanze indesiderate” si fa fronte cosi. Per due anni

Image from Flickr

Last updated on aprile 3rd, 2020 at 06:17 am

L’aborto farmacologico al tempo del coronavirus non è una priorità, non si sa se più scioccante o più assurda, soltanto in Italia. Lo è anche in Gran Bretagna. Il governo, infatti, in particolare per le pressioni esercitate dai capofila dell’industria dell’aborto quali Marie Stopes International (leader a livello mondiale) e British Pregnancy Advisory Service, ha annunciato che, per tutta la durata della crisi dovuta al CoViD-19, le donne che vogliono abortire potranno ottenere le pillole che provocano l’interruzione di gravidanza semplicemente consultandosi con un medico al telefono oppure online.

L’argomento che, a quanto pare, ha convinto Downing Street (sino alla settimana scorsa convinto a non modificare le norme che regolamentano l’aborto) è che l’isolamento forzato a cui sono costrette le coppie limita anche l’accesso alla contraccezione e quindi aumenta il rischio e la possibilità di gravidanze “non pianificate” e “indesiderate”. Per alleviare quindi il “problema”, e minimizzare l’impatto sul Servizio sanitario nazionale (SSN), il governo ha deciso che, per un periodo di due anni, o quantomeno fino alla fine della crisi del coronavirus, le donne potranno abortire con più disinvoltura. Nei prossimi giorni l’SSN pubblicherà persino una “guida tecnica”.

Jonathan Lord, direttore sanitario di Marie Stopes UK, ha salutato con favore la notizia dichiarando che «la decisione del governo di consentire alle donne inglesi di assumere pillole per l’aborto medico a domicilio durante la crisi del CoViD-19 dimostra che le istituzioni hanno a cuore sia la salute delle donne sia il lavoro duro che viene svolto dal personale che si occupa dell’aborto», laddove l’espressione originale nel testo inglese, «abortion care», suona particolarmente odiosa e infingarda. «Non sarebbe successo», continua Lord, «senza quella mobilitazione tempestiva di esperti del settore sanitario, attivisti e giornalisti che ha impedito al governo di negare la cogenza medica e morale dell’aborto precoce domestico» (ancora usando l’odioso e infingardo «abortion care»).

Un atto irresponsabile

Vibrante la protesta dell’associazionismo pro life del Regno Unito, che la settimana scorsa aveva esultato alla la decisione del governo di non consentire l’aborto libero e senza controllo. Il 23 marzo Downing Street aveva infatti dapprima autorizzato l’aborto domestico mediante pillola senza un vero controllo medico, ma poi, lo stesso giorno, aveva fatto marcia indietro, smentendo la decisione, salvo invece appunto ripensarci nuovamente.

L’aborto domestico libero, cioè senza controllo medico, metterà peraltro le donne a repentaglio, giacché senza ecografia la gravidanza non può essere adeguatamente datata e la pillola abortiva dev’essere utilizzata solo nelle prime dieci settimane di gravidanza. Dopo quel temine potrebbe infatti non produrre l’effetto voluto, ma soprattutto il rischio per la salute della madre aumenta man mano che avanza la gravidanza. Se poi la gravidanza fosse extrauterina (cosa rilevabile solo tramite ultrasuoni), l’assunzione della pillola abortiva potrebbe minacciarne la vita.

«È una decisione pericolosa e sconsiderata», dice Antonia Tully, direttore delle campagne della Society for the Protection of Unborn Children. Il mifepristone e il misoprostolo impiegati per l’aborto domestico «[…] sono farmaci potenti, progettati per uccidere il nascituro» e per questo «le regole sanitarie che ne regolano l’assunzione non dovrebbero venire modificate in questo modo. Il Royal College of Obstetricians and Gynecologists ha condotto campagne a favore dell’aborto fai-da-te per mesi come parte della propaganda atta a garantire alle donne che le pillole per l’aborto siano sicure e semplici mentre invece sono tutt’altro che sicure e facili da assumere. In questo momento si sta sfruttando un momento di crisi nazionale per produrre un cambiamento ideologico» e rischioso per la salute proprio delle donne.

Anche Voice for Justice, che da anni si batte per la vita umana nascente, ha condannato la scelta del governo, giudicandola «irresponsabile» e dimostrazione di «[…] un atteggiamento sprezzante e sconsiderato verso il nascituro, che per definizione non può né rivendicare il proprio diritto alla vita né difendersi».

La pillola che uccide, ovvio, fa male

Ora, mentre il resto del mondo combatte per fermare la diffusione del micidiale CoViD-19, gli abortisti cercano di sfruttare il caos e le preoccupazioni sociali, facendo pressione sui governi per modificare le leggi esistenti sull’aborto, banalizzando la stessa professione medica. L’intera idea della “pillola killer” è raccapricciante, come si trattasse di un’aspirina da prendersi contro il mal di testa. Il concepito, poi, viene inteso come un malanno di stagione. Per non parlare degli enormi interessi economici e ideologici che stanno dietro la cultura della “pillola che uccide”, preda di speculatori ingordi che aggiungono morte a morte.

I danni provocati dalle “pillole abortive” sono e restano enormi. Il lettore che volesse approfondire può farlo attraverso una serie di studi:

In relazione ai pericoli mortali o danni permanenti delle pillole:

Exit mobile version