«Freedomleaks» per l’aborto, la via virtuale al Gulag

La piattaforma web è un invito a denunciare gli obiettori di coscienza. Delazione in perfetto stile comunista

Freedomleaks

Quando possono, i filoabortisti processano anche le intenzioni. Intanto partono dal linciaggio morale nei confronti di chi rifiuta di collaborare allo sterminio dei bimbi nel grembo materno. Ad aiutarli, come accade per tutti i totalitarismi, è la tecnologia alla base di «Freedomleaks», piattaforma pensata per raccogliere segnalazioni in modo anonimo e sicuro, in particolare sul tema aborto, e quindi sull’applicazione della Legge 194/78 in Italia.

In pratica è un invito a denunciare gli obiettori di coscienza, che in molti Paesi non hanno diritto di esistere, ma in Italia sì. In sostanza, se il meccanismo non è illegale, è comunque un tentativo di ledere i diritti riconosciuti dalla legge agli operatori sanitari, i quali possono legittimamente rifiutare di rendersi responsabili di un atto che considerano un assassinio.

Effettivamente è un progetto dell’Associazione Luca Coscioni, che punta a rimuovere ogni ostacolo all’esercizio di quello che non è più considerato un “diritto” nemmeno negli Stati Uniti d’America: la facoltà appunto di sopprimere un bambino ancora nel grembo materno.

Freedomleaks si rivolge ‒ si legge ancora ‒ a chiunque abbia qualcosa da segnalare nell’ambito dell’accesso al servizio di interruzione volontaria di gravidanza: donne che abbiano avuto difficoltà nel reperire informazioni, prenotare visite o appuntamenti; che abbiano goduto di informazioni parziali, contraddittorie o scorrette; che siano state trattate male; che non abbiano ottenuto la prestazione cui avevano diritto; ma pure studenti di medicina o specializzandi in Ostetricia e ginecologia che abbiano qualcosa da segnalare o da raccontare.

Freedomleaks non si rivolge unicamente a persone coinvolte in casi di malasanità. Le segnalazioni possono riguardare anche partner, amiche, associazioni o riguardare il modo in cui lavorano coloro che operano nel settore. È l’invito alla delazione, nello stile comunista cinese di oggi. Ieri fu con quello stesso metodo che vennero deportati i dissidenti nei Gulag sovietici.

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